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Antonio Farina: i colori di Latina tra memoria e visione

Negli anni Settanta, Latina viveva un momento di intensa vitalità artistica: un movimento pittorico vivace animava la città, trasformandola in un crocevia di linguaggi visivi e sperimentazioni. I pittori più anziani facevano da capofila, donando la loro sapienza ai più giovani che incontravano nelle gallerie d’arte. In quel contesto fertile ha mosso i primi passi Antonio Farina, pittore che ancora oggi rappresenta una delle voci più coerenti e personali di quella stagione creativa. La sua opera, sospesa tra memoria e ricerca, porta con sé l’energia di quegli anni culturalmente vivaci, restituendone un’eco rinnovata attraverso uno sguardo maturo e profondamente radicato nel territorio.

Ricordo bene il movimento pittorico di Latina negli anni Settanta. Mio padre aveva una galleria d’arte sotto i portici, di fronte al Palazzo M, si chiamava “L’Approdo”. Ero poco più che un ragazzino, ma non perdevo mai una mostra. Tra gli artisti c’erano molti giovani alla loro prima esperienza, ma la galleria era frequentata anche da artisti più anziani, tra questi Emilio Greco, uno dei più grandi scultori italiani del ‘900, che ogni fine settimana, da Roma, veniva a Latina per visitare le numerose mostre sparse per la città, per poi proseguire per la sua amata Sabaudia.

Il maestro Antonio Farina all'opera nel suo studio

Insomma, Latina, artisticamente, era assai movimentata. Di quel fermento artistico mi tornano in mente diversi pittori che hanno proseguito con successo la loro carriera. Alcuni di loro sono diventati veri e propri punti di riferimento per le nuove generazioni di artisti pontini. In quegli anni, pochi scelsero di vivere solo di arte. Tra questi, il maestro Antonio Farina. Ma se decise di dedicarsi esclusivamente alla pittura, lo deve in parte anche a mio padre.

La storia di Antonio Farina da aiuto barista a maestro d’arte

Antonio Farina nasce a Latina il 16 gennaio 1951, ultimo di sei figli. Il padre, Americo, originario di Gaeta, è un marinaio e pescatore. La madre, Silvia, proviene da una famiglia di piccoli proprietari terrieri, di San Giorgio a Liri, in provincia di Frosinone. Alla fine degli anni Trenta, Americo abbandona la pesca per avviare un allevamento di polli, ma durante la guerra, i soldati tedeschi per cibarsi nella loro ritirata, li uccideranno tutti.

Dopo l’armistizio, per ordine del comando tedesco, le persone saranno costrette a sfollare da Gaeta. La famiglia Farina troverà rifugio a Cesano di Roma e poi, alla fine della guerra, a Sabaudia. Ma nel 1949, verrà trasferita a Latina. Americo e Silvia, con i loro cinque figli, saranno accolti nell’ex caserma dell’82° Reggimento Fanteria, allestita per gli sfollati. È lì che nascerà Antonio, il loro sesto e ultimo figlio.

1968: Studio su arnesi di lavoro. Uno dei primi lavori del maestro Antonio Farina

Non avendo i contributi necessari per la pensione, Americo riuscirà a ottenere dal Comune, grazie al sindaco Vittorio Cervone, suo compaesano, un pezzo di terra incolto, adiacente all’ex 82. Ma per racimolare qualche soldo in più, andrà anche a lavorare nella carrozzeria di Guido Barsi, dove già sono impiegati i suoi figli, Pompeo e Luigi. Nel frattempo, la moglie Silvia si occuperà degli orti e oltre al fabbisogno personale, e vendere ciò che riesce a coltivare, aiuterà anche molti sfollati. Purtroppo Silvia morirà nel 1961.

1976: 'Contadino'

Dopo aver frequentato le scuole elementari tra il Palazzo M e la scuola Teti, Antonio prosegue con l’avviamento professionale. La sua professoressa di disegno tecnico, Liliana Vinci, sarà la prima ad accorgersi della sua buona mano. Nei fine settimana, che trascorre a Gaeta, incontra spesso lo zio Corrado; critico d’arte che scrive recensioni sugli artisti per Il Mattino di Napoli e Il Messaggero.

1986: ‘Modella con paesaggio’

Lo zio avrà un ruolo fondamentale nell’avvio della sua attività artistica: sarà il primo a visionare i suoi quadri e, comprendendo il suo potenziale, gli regalerà un libro che per Antonio si rivelerà particolarmente illuminante: Les Peintres Cubistes, dello scrittore francese, nato a Roma, Guillaume Apollinaire, in cui scoprirà il mondo di Pablo Picasso e il linguaggio radicale del cubismo. Quella lettura, influenzerà molto Antonio all’inizio della sua attività artistica, che affronterà da autodidatta.

1990: 'Passeggiata a Ponza'

Ma oltre all’arte, Antonio deve pensare anche a un lavoro per contribuire al sostentamento della famiglia. Alfonso, il fratello maggiore, lo porta con sé, come aiuto barista nei vari bar in cui viene assunto: il bar Gianni, in via Oberdan; il bar Moderno di Vittorio Di Russo (oggi Caffè degli Artisti); proprio in questo bar ha modo di conoscere il pittore Alessandro Tartaglione; altra figura fondamentale per Antonio. Tartaglione espone spesso le sue opere lì accanto, e tra i due nasce un dialogo spontaneo.

1992: 'Viaggio nelle Indie' Esposto nella Peniand Brush Gallery per le Colombiadi a New York

Antonio gli mostra i suoi primi quadretti di prova, e Tartaglione, colpito dal suo talento, lo incoraggia a continuare, spronandolo a non abbandonare la pittura. Antonio lavorerà anche al bar San Marco, vicino al mercato coperto, gestito da Marcello D’Ambrosi e Vosco Vecchi, che poi prenderanno successivamente in gestione il bar di Antonio Lo Bianco, situato sotto i portici di fronte piazza San Marco. In quest’ultimo bar, qualcuno gli proporrà una delle sue prime mostre.

2002: 'Paesaggio lacustre'

Pasquale Andreoli, insieme al suo inseparabile amico e pittore, Antonio Di Viccaro, si fermano per un caffè dove Antonio sta lavorando. Vedendo i suoi quadri, entrambi lo incoraggiano a organizzare una mostra. Sarà proprio Andreoli a offrirgli uno spazio espositivo nel suo negozio, di fronte al Palazzo M. Tuttavia, la prima mostra in assoluto la terrà a Terracina, nel 1970, all’interno del bar “La Siesta”, insieme a un altro pittore, Ezio Colosimo.

Due maestri e amici: Francesco Paolo Martelli e Antonio Farina

Dopo quell’esperienza, per Antonio si fa sempre più chiara una scelta di vita: dedicarsi all’arte non solo come passione, ma come professione. I primi anni Settanta saranno per lui particolarmente prolifici. Incontra uno scrittore che si innamora della sua pittura e, per due anni, diventerà il suo più importante collezionista. La prima mostra personale la realizzerà, nel 1974, a Cisterna di Latina, e andrà molto bene; un architetto acquisterà buona parte dei suoi quadri esposti.

Antonio Farina festeggia i quarant'anni di pittura nel bar da dove tutto era partito

Nel 1975 conosce un mercante d’arte che lo incoraggia ad aprire uno studio a Todi. Antonio risiederà nella cittadina umbra per soli due anni, ma quell’esperienza, seppur breve, contribuirà in modo significativo alla sua crescita professionale.

Il maestro Antonio Farina con Fabio D'Achille e l'indimenticabile Simona Perrelli

Come molti artisti, anche Antonio Farina attraversa diverse fasi nel suo percorso creativo. Intorno ai quindici anni inizia copiando Picasso, per poi avvicinarsi, durante gli anni della contestazione giovanile, alle avanguardie russe. Successivamente si dedica al cubismo analitico e, a metà degli anni Settanta, approda al reale primitivo, una pittura popolata da figure drammatiche e spesso non rifinite, ispirate agli uomini e alle donne dei monti Lepini.

'Riflessi' negli anni 2000 il maestro Antonio Farina dedica le sue opere ai paesaggi dell'Agro Pontino

Terminata la fase cupa della sua pittura, nei primi anni Ottanta, dai pennelli di Antonio iniziano a emergere paesaggi luminosi e carichi di colore, ispirati da un tramonto mozzafiato, osservato dal Circeo che lo lascerà profondamente incantato. A seguire, il nuovo capitolo: i dipinti fantastici. Figure e paesaggi si muovono sospesi tra sogno e realtà. Questa svolta è influenzata da un amore improvviso che irrompe nella sua vita: Loris Pantalfini, un’allieva del pittore Valentin Timofte. Nel giro di tre mesi si sposano, e dalla loro unione nascerà Lorenzo.

Molti articoli sono stati dedicati al maestro Antonio Farina nella sua lunga attività artistica

Nei primi anni Duemila, si dedica ai dipinti fantastici. Spariscono le figure umane per lasciare il posto alla natura incontaminata. Nel 2014, Antonio, purtroppo, perderà la sua amata Loris per un’incurabile malattia. Oggi la sua pittura è dedicata ad altri orizzonti, ed è maturata durante la pandemia. Un modo diverso di vedere la vita. Orizzonti riflessi, meno figurativi, con macchie di colori che trasmettono speranza.

Il maestro Antonio Farina posa davanti a una sua grande opera

Dopo oltre cinquant’anni di arte pittorica, Antonio Farina vanta più di quattrocento mostre in tutta Italia, una delle più importanti nella Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo a Roma. Ma ha esposto anche all’estero: Pechino, Tokyo e New York. Ha ricevuto numerosi premi e, nel 2002, è stato inserito nell’Albo d’Oro del prestigioso Premio Porticato Gaetano, che si svolge dal 1958 a Gaeta, città di origine della sua famiglia.

L’incontro con il Maestro

Con Antonio ci conosciamo da una vita. Di recente ci siamo ritrovati alla galleria Spazio Comel, durante una mostra di artisti rumeni. In quell’occasione, parlando con Gabriella Mazzola, le ho detto che avrei voluto scrivere di lui. Mi ha risposto con un sorriso: “Se lo merita davvero.” Aveva ragione. Così, senza esitazioni, l’ho chiamato.

Antonio, cosa è accaduto a quel vivace movimento artistico nato negli anni Settanta?  

“Quel movimento è durato finché c’erano i luoghi dove potersi incontrare, poi pian piano quei luoghi sono venuti a mancare. Comunque oggi i giovani artisti si incontrano sui social e la gavetta la fanno nel web, che ti dà la possibilità di conoscere tanti artisti di altri luoghi. Noi, invece, la gavetta la facevamo per strada”  

Secondo te, quel fermento artistico c’è la possibilità di farlo risorgere?

“C’è Fabio D’Achille che ci sta provando con MAD, il museo d’arte diffusa. Organizza mostre in ogni luogo, un po’ come facevamo noi negli anni Settanta. E poi bisogna ringraziare la famiglia Mazzola che mette a disposizione, gratuitamente, per gli artisti, lo Spazio Comel in via Neghelli”

Insomma c’è speranza?

“Sì, c’è speranza. Guai se mancasse la speranza”

Le opere del maestro Antonio Farina potrete ammirarle fino al 30 giugno in via Romagnoli 74

La pittura del maestro Antonio Farina continua a evolversi, ma resta saldamente ancorata alla terra che lo ha visto nascere. In un tempo in cui i luoghi dell’arte sembrano rarefarsi, la sua storia ci ricorda quanto contino gli incontri, le occasioni e, soprattutto, le persone che sanno riconoscere e sostenere un talento. Come Antonio stesso, che non ha mai smesso di credere nella pittura. E di regalarci, ancora oggi, orizzonti pieni di speranza.

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