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Claudio Salvucci: quando il pane profuma di storia

Tante famiglie arrivarono nell’Agro Pontino anche dalle Marche, Abruzzo, Molise… Furono molti gli operai di queste regioni a lavorare nella bonifica integrale. Ma l’emigrazione verso la nuova città continuò anche dopo la guerra. La famiglia Salvucci giunse dalle Marche alla fine degli anni Quaranta, con pochi bagagli e un mestiere antico nelle mani: quello del fornaio. Latina, giovane città in pieno fermento, prometteva lavoro, terra fertile e nuove strade da percorrere. Fu una scommessa di famiglia, fondata sull’esperienza tramandata tra le mura di casa, dove il pane si impastava da generazioni. Oggi, a più di settant’anni da quel viaggio, Claudio che di anni ne ha ottantadue è ancora lì, a impastare pane nel suo vapoforno. Porta avanti la tradizione insieme alle figlie, Silvia e Fabiana e a suo fratello Lauro, testimoni di una storia che profuma di lievito, sacrificio e orgoglio.

Quando penso di aver finito di raccontare le aziende storiche di Latina, eccone un’altra che spunta fuori, per la mia felicità. Ma questa volta non è arrivata da una segnalazione: me la sono trovata per caso. Qualche tempo fa, passando per via degli Aurunci, nel quartiere tra via dei Volsci e piazza Moro, lo sguardo mi è caduto su un’insegna: “Vapoforno Salvucci dal 1958”. Essendo io nato nel ’59, mi sono subito incuriosito.

Particolare dell'insegna del vapoforno Salvucci

Sono tornato un paio di volte, ma c’era sempre fila. Poi la cosa mi è sfuggita di mente… fino a quando, ripassando da quelle parti, ho deciso di fermarmi ed entrare. Per fortuna, davanti a me c’erano solo due persone. Ho aspettato il mio turno, finché una signora con il grembiule, che non sembrava affatto una semplice commessa, mi ha accolto con gentilezza, chiedendomi cosa mi occorresse. Le ho chiesto di poter parlare con il proprietario. Vista la sua espressione un po’ sorpresa, ho subito aggiunto che ero lì per raccontare la loro storia.

Le ho spiegato meglio il lavoro che sto portando avanti sulla memoria storica della città, e lei mi ha sorriso: segno che la cosa le faceva piacere. Dopo qualche domanda, ha concluso che, per saperne di più, avrei dovuto parlare con suo padre, Claudio Salvucci. Comunque dalle prime battute ho ritenuto interessante la storia della loro famiglia.

Il vapoforno Salvucci in via degli Aurunci

Abbiamo preso accordi per incontrarci anche con il papà, e così ho potuto aggiungere un altro tassello alla storia di Latina: una città che, un tempo, offriva davvero tante opportunità. Insomma, un luogo dove il futuro sembrava a portata di mano.

La storia della famiglia Salvucci

Claudio Salvucci nasce il 21 gennaio 1943 a Corridonia, un paese collinare in provincia di Macerata. È il secondo di cinque fratelli maschi: il primogenito si chiama Nazzareno, poi arrivano Franco, Enrico e Lauro. Il padre Giovanni e la madre Giuseppa Storani provengono entrambi da famiglie contadine e coltivano piccoli appezzamenti di terreno. La famiglia di Giovanni, per tradizione, non solo lavora la terra; da generazioni produce anche pane, ma senza una vera bottega. Lo impastano e lo cuociono in casa, per poi venderlo direttamente da lì.

Giovanni, oltre a essere un bravo fornaio, è un giovane ambizioso, con tanta voglia di fare. Non si accontenta di restare nel suo paese, dove sa che, per quanto si impegni, le possibilità sono limitate. Così decide di guardare altrove. Ha sentito parlare di una città giovane, in pieno sviluppo: Latina. Si prende un giorno libero e parte in perlustrazione. E subito si accorge delle sue potenzialità. Nella zona di Campomorto (dal 1958 si chiamerà Campoverde), trova alcuni terreni in vendita. Non ha molto tempo per pensarci: ci sono già altri interessati.

L’arrivo a Latina

Durante il viaggio di ritorno verso Corridonia, prende la sua decisione. Pochi mesi dopo, nel 1949, vende le sue proprietà e acquista i terreni a Campomorto. All’età di trentasette anni si trasferisce con tutta la famiglia: è l’inizio di una nuova vita, anche se il lavoro resta lo stesso. Lui e la moglie continuano a fare il pane e a coltivare la terra. Nel frattempo Claudio, ancora bambino, inizia a frequentare le scuole elementari, prima a Borgo Le Ferriere e poi a Borgo Sabotino. È un ragazzino pieno di energia, e ogni giorno raggiunge la scuola in bicicletta.

Latina 1959: Claudio Salvucci in bicicletta porta il pane negli alimentari della città

Per frequentare le scuole medie, Claudio deve spingersi fino a Latina, all’Istituto Vittorio Veneto. Nonostante gli impegni scolastici, già da bambino aiuta il padre a fare il pane. È un’attività che sente sua, come se il mestiere gli scorresse nel sangue: sa già che quello sarà il suo futuro. Nel frattempo, Latina, da quando la famiglia Salvucci vi si è trasferita, continua a crescere senza sosta. Nel 1958 arriva per Giovanni un’occasione che cambierà tutto: un forno in via Oberdan è in vendita. Non se lo lascia sfuggire.

Claudio Salvucci con un collaboratore all'ingresso del forno in via Oberdan

È la svolta della sua vita, e anche di quella della sua famiglia. Dopo anni di pane impastato e cotto in casa, finalmente una bottega tutta sua. Quel forno diventa il suo orgoglio. La moglie Giuseppa e tutti i figli iniziano a lavorare lì: per Giovanni, che ama profondamente la sua famiglia, è una grande soddisfazione. Intanto Claudio, nel 1960, conosce una ragazza che si è fermata a mangiare un panino nel loro forno. Si chiama Francesca Torre, è nata a Bengasi e, come tanti altri “tripolini”, ha dovuto abbandonare la Libia insieme alla sua famiglia.

Latina primi anni '60: Giovanni Salvucci con il figlio Claudio

Claudio e Francesca, dopo sei anni di fidanzamento, si sposano. Dal loro matrimonio nasceranno tre figlie: Silvia, Rosalessia e Fabiana. A un anno dal loro matrimonio, Giovanni muore dopo una breve malattia a soli cinquantacinque anni. Con la scomparsa del padre il pane è tutto nelle mani di Claudio, che ha imparato il mestiere giorno dopo giorno, ed è pronto a portare avanti la tradizione familiare.

L’apertura del nuovo vapoforno in via degli Aurunci

Nel 1970 alla famiglia Salvucci si presenta un’altra opportunità: un ex dipendente, che aveva aperto un forno in via degli Aurunci, decide di lasciarlo dopo appena un anno. Il lavoro si è rivelato troppo impegnativo per lui. Dopo un breve consulto tra fratelli, la decisione è presa. Anche se la zona non è ancora molto popolosa, tutti credono nello sviluppo di quel quadrante est della città, dove, a pochi chilometri, ci sono diverse fabbriche. Claudio prenderà in mano il nuovo vapoforno, mentre il fratello Enrico resterà in quello di via Oberdan.

Lo sviluppo urbanistico atteso nella zona di via degli Aurunci si realizza verso la fine degli anni Novanta. Molte famiglie si trasferiscono nelle nuove abitazioni del quartiere, portando linfa vitale al vapoforno di Claudio, che nel frattempo si avvale dell’aiuto delle figlie Cinzia e Fabiana, e del fratello Lauro, responsabile del reparto alimentari.

Latina primi anni '60: Claudio Salvucci in licenza con la mamma Giuseppa

Nel 2013, però, un nuovo dolore colpisce la famiglia Salvucci: viene a mancare Enrico, penultimo dei figli di Giovanni. Due anni dopo la sua scomparsa, il forno storico di via Oberdan chiude per sempre le serrande, lasciando dietro di sé una lunga stagione di lavoro, sacrifici e memoria. Oggi Claudio ha ottantadue anni, ma non molla. Anche se a ritmi più lenti, continua a lavorare con la dedizione di sempre. Accanto a lui, nelle ore notturne, c’è Guido: storico panettiere e collaboratore di Enrico, che lo ricorda ogni giorno come un padre.

Claudio Salvucci insieme alla moglie Francesca Torre preparano le colombe pasquali

L’incontro con Claudio Salvucci e la figlia Silvia

Claudio ha ottantadue anni, ma la lucidità con cui osserva il presente (e intuisce ciò che ci aspetta) è quella di chi ha attraversato la storia con le mani nella farina e lo sguardo sempre rivolto avanti.

Claudio, lei che ne ha viste tante, come lo vede il futuro?

“Per adesso non vedo nulla di buono. Con le guerre in atto il prezzo del gas e del grano, che non coltiviamo più, sono in continuo aumento e presto i prezzi al consumo sicuramente aumenteranno. Lo sappiamo bene perché il nostro è un vapoforno e quindi è alimentato a gas. Ma voglio essere positivo per il futuro: se dovessero terminare i conflitti che ci stanno coinvolgendo, credo in una ripresa”

Silvia, tu sei laureata, come mai hai scelto di lavorare nell’attività di famiglia?

“Sì, sono laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. In effetti avrei voluto lavorare in quel settore, ma quando ho finito gli studi già lavoravo nell’attività di famiglia e avevano bisogno di me; quindi sono rimasta qui. Comunque non ho rimpianti”

Vi occupate anche di pasticceria?

“Produciamo solo pasticceria secca, e da quindici anni ogni Natale facciamo il panettone e a Pasqua la colomba. L’idea è stata di mio padre”

Avete pensato al ricambio generazionale?

“Il ricambio generazionale, ahimè è un problema. Gli altri cugini, cioè i figli dei fratelli Salvucci hanno scelto strade diverse. E sia io che mia sorella Fabiana, le uniche che hanno seguito il percorso lavorativo della famiglia, non abbiamo figli”

Fabiana e Silvia Salvucci, con al centro Lina, collaboratrice storica da oltre quarant’anni

La notte, quando Latina dorme e il silenzio scende sulle strade del quartiere, dal vapoforno Salvucci si alza ancora l’odore del pane.
Quel pane che continua a nascere, ogni notte, da gesti antichi tramandati in silenzio… da una famiglia che, da tre generazioni, di padre in figlio, si sveglia prima del sole per ricordarcelo.

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