Alberto Pizzi fa parte di quei calciatori rimasti incisi nella memoria dei tifosi del Latina Calcio, quando le immagini sembravano scorrere solo in bianco e nero. Cresciuto nelle giovanili del Parma, il suo talento lo ha portato a calcare i campi in diverse città, indossando maglie e colori differenti. Negli anni Sessanta, il destino lo ha condotto a Latina, allora giovane e vivace realtà sportiva, dove non solo ha trovato una squadra pronta ad accoglierlo, ma anche l’amore e un senso di appartenenza che lo hanno spinto a restare per sempre. Da quel momento, la città pontina è diventata la sua casa, e il suo nome resta ancora oggi legato a quella mitica formazione del Latina che, per talento e cuore, avrebbe meritato una categoria più blasonata.
Era il 1968 quando mio padre mi portò per la prima volta allo stadio comunale di Latina a vedere una partita di calcio. Anche se a lui, quello sport non piaceva proprio. Io invece mi appassionai subito dopo quella partita. Era l’anno in cui il Latina conquistò la serie C, dopo la sfida epica contro i sardi dell’Olbia. Ma, come spesso accade nella storia calcistica pontina, le gioie e i festeggiamenti durarono poco. La vittoria contro l’Olbia non servì a nulla perché il Latina venne squalificato per illecito sportivo e la promozione fu assegnata ai sardi.

Luciano Melloni e Alberto Pizzi, ex compagni di squadra e amici da sempre
In quella mitica formazione del Latina, il terzino destro era Alberto Pizzi. A suggerirmi la sua storia è stato il mio idolo di quegli anni, Luciano Melloni suo compagno di squadra per quasi trecento partite. Così ho deciso di raccogliere i ricordi di Alberto, e di ripercorrere le tappe della sua carriera per restituire il ritratto di un giocatore che a Latina non ha solo lasciato impronte sul campo, ma ha saputo intrecciare la propria vita con quella della città.
Alberto Pizzi storia di un calciatore partito dalle giovanili del Brescia

Alberto Pizzi nasce a Parma il 21 novembre 1945, terzo di tre figli, dopo Angela e Odoardo. Il padre, Rolando, è proprietario terriero e titolare di un’industria di mattonelle e laterizi con i quali verrà ricostruito il campanile di San Marco a Venezia dal 1902 al 1909; la madre, Luisa Barozzi, è casalinga. La famiglia vive a Gramignazzo, una frazione del comune di Sissa Trecasali, in provincia di Parma.
La nascita di Alberto non è priva di rischi: al momento del parto i medici di una clinica privata temono per la vita della madre o del bambino, ma riescono a compiere un vero e proprio miracolo, salvando entrambi. Le scuole elementari e medie Alberto le frequenta a Parma, dove tira i primi calci al pallone. Dopo la terza media si iscrive al liceo classico, ma contemporaneamente inizia il suo percorso calcistico con le giovanili del Brescia. Decide così di lasciare gli studi per dedicarsi interamente al calcio.

Rolando Pizzi, padre di Alberto, nell'industria di mattoni e laterizi
di famiglia
Per la sua statura longilinea viene impiegato sulla fascia, come terzino destro. A diciassette anni il suo cartellino viene acquistato dal Bisceglie, squadra pugliese che milita in Serie C, in cui resta per tre stagioni. I dirigenti del Bari, che milita nella stessa serie del Bisceglie, lo notano. Hanno bisogno di un difensore e Alberto fa proprio al caso loro: decidono così di acquistarlo. In quella squadra gioca anche un ragazzo di Latina, Vittorio Calvani, con cui Alberto stringe amicizia.

Alberto Pizzi (ultimo in piedi a dx) nelle giovanili del Brescia
Alberto Pizzi e la scelta di giocare con il Latina e l’incontro con Anna
Nel frattempo, nel 1967, arriva la chiamata per la leva obbligatoria e viene destinato a Roma. Con l’occasione, va a trovare a Latina il suo amico Vittorio, che dal Bari è passato a giocare nella squadra della sua città. Durante quella visita, Alberto conosce l’ambiente nerazzurro. La società del Latina, sapendo della sua amicizia con Calvani e delle sue qualità in campo, si muove per portarlo in squadra con la formula del prestito militare. In quella stagione disputa dodici partite, conquistando la fiducia di tutti.

Stagione 67/68 la prima di Alberto Pizzi in maglia nerazzurra (quarto in piedi da sx)
Il Presidente Sante Palumbo e il direttore sportivo, Tommasino Cifra, soddisfatti delle sue prestazioni decidono di acquistare il suo cartellino, in accordo con il giocatore che non vede l’ora di trasferirsi definitivamente nella città pontina. Per il nuovo terzino del Latina è l’inizio di un capitolo destinato a segnare la sua vita, non solo sul piano sportivo, ma anche umano.

Alberto Pizzi con Anna De Bonis
A un anno dal suo arrivo, dopo la famosa trasferta di Olbia, Alberto conosce una ragazza, Anna De Bonis. I due si innamorano, ma la giovane ragazza è già sposata, anche se sta attraversando una profonda crisi matrimoniale. La separazione, concordata con il marito, mette ordine nei loro sentimenti. Dalla loro unione nascono Alessia e Edoardo.
La bella esperienza a Cassino e l’addio al calcio giocato nel suo Latina

Intanto, in campo, Alberto continua a essere una colonna della difesa nerazzurra e rappresenta una delle ossature portanti della squadra, insieme a Melloni, Crociara, Guarniero e al portiere Benecchi. Resta al Latina fino al 1972, anno in cui viene ceduto al Cassino. Lo segue anche l’amico di sempre, Luciano Melloni. A Cassino trova un ambiente eccezionale, fatto di calore umano e passione sportiva. Stringe amicizia con i compagni di squadra, i dirigenti e tifosi, diventando presto un punto di riferimento anche lì.

Alberto Pizzi in azione con il Latina
A giocare con il Cassino rimane per sette anni, lasciando nella cittadina ciociara un segno profondo, dentro e fuori dal campo. Da quel saluto, però, non taglia mai davvero il filo: ogni anno torna per una giornata speciale, per ritrovare i suoi vecchi amici, compagni e dirigenti di un tempo. Nella stagione 1979/80 gioca di nuovo a Latina per indossare per l’ultima volta la maglia nerazzurra dando l’addio al calcio giocato. Ma non lascerà mai davvero quell’ambiente, anche dopo aver appeso gli scarpini al chiodo.

Da sx il d.s. Tommasino Cifra, Scotto, Pizzi, Crociara, l'ultimo a destra Lodi. In attesa del Prefetto per la promozione in serie C
Oltre a essersi integrato perfettamente nella comunità pontina, Alberto inizia a pensare con lucidità al futuro. È un ragazzo giudizioso e sa bene che il calcio non dura in eterno: per mandare avanti una famiglia serve stabilità. Così, nel 1979, decide di reinventarsi nel mondo del lavoro e si butta nel ramo assicurativo. Con impegno e serietà diventa nel tempo uno stimato agente dell’AXA Assicurazioni, guadagnandosi la fiducia delle persone.
Il percorso da allenatore
A Coverciano, frequenta il corso per allenatori. Ottenuto il patentino, comincia la sua nuova avventura in panchina, partendo dal settore giovanile del Latina. Ma la sua passione e competenza lo portano presto anche altrove: allena a Minturno, ad Aprilia, e successivamente approda a Campobasso in serie B, dove ricopre il ruolo di viceallenatore e guida la squadra Primavera per tre stagioni. La sua carriera di allenatore lo porterà a guidare anche le panchine di Cisterna, Latina e Turris.

Alberto Pizzi (primo in piedi a sx) vice allenatore del Campobasso in serie B
Dopo venticinque anni di lavoro nel settore assicurativo, decide di cedere la sua attività per dedicarsi completamente alla crescita dei giovani, nel settore giovanile del Latina Calcio. È la sua vera vocazione: restituire al calcio ciò che il calcio gli ha dato. Nel 2024 perde sua adorata moglie Anna, compagna di una vita intera. Oggi, alla soglia degli ottant’anni, è in pensione, ma non ha mai smesso di osservare, capire e parlare di calcio. Lo fa con la stessa lucidità di un tempo, quella di chi ha vissuto il gioco vero, con passione e amore verso la maglia nerazzurra.

Ritorno alle origini: Alberto visita la ex fornace di famiglia
L’incontro con Alberto Pizzi
Incontro Alberto al Circolo Cittadino Sante Palumbo. Nonostante i suoi ottant’anni, ha ancora un fisico asciutto e invidiabile: si vede che si è allenato per tutta la vita. Parla con quella cadenza inconfondibile delle sue origini parmensi, che non ha mai perso, nemmeno dopo quasi sessant’anni trascorsi nell’Agro Pontino. Ma Latina è anche questo: una città capace di accogliere, far sentire a casa e custodire le storie di chi ha scelto di restare.
Alberto, come vedi il calcio oggi?
“Faccio fatica a vederlo, ero abituato ad altro. Oggi il calcio è solo schemi, anche per i ragazzini, mentre dovrebbero giocare in libertà”
Hai sempre giocato terzino destro?
“Fino al 1972 ho giocato terzino, poi l’allenatore Lojacono preferì farmi giocare libero. Ruolo che ho ricoperto fino al termine della mia carriera”
Vai allo stadio qualche volta?
“Raramente. Ma sarebbe bello, ogni tanto, che la società invitasse le vecchie glorie del passato nerazzurro, a noi farebbe molto piacere”
Perché hai scelto Latina?
“Perché a quei tempi Latina era la città ideale. Mi sono trovato benissimo e subito integrato nel tessuto sociale. Devo dire che sono riconoscente a questa città”
A Luciano Melloni ho chiesto le caratteristiche tecniche del suo amico e compagno di squadra
“Alberto come terzino aveva ottime qualità tecniche e si proponeva pure in attacco, quando i difensori dovevano marcare a uomo. Anche come libero è stato molto apprezzato. Calciava bene le punizioni e i calci di rigore; per un difensore non è che sia così scontato saper fare queste cose“

Luciano Melloni e Alberto Pizzi: 300 partite giocate insieme e... una grande amicizia
Nei racconti dei tifosi, tra le gradinate del vecchio comunale e le storie che si tramandano tra generazioni, il nome di Alberto Pizzi continua a circolare. Non solo come quello di un grande terzino, ma come simbolo di un calcio che oggi sembra lontano: fatto di passione, di appartenenza, di legami autentici. Come fanno le cose che restano.