Italo Tempera da Latina a Filadelfia, il ricercatore che lotta contro le leucemie

Italo Tempera da Latina a Filadelfia, il ricercatore che lotta contro le leucemie

Littoria poi divenuta Latina ha avuto la fortuna di avere menti eccelse nel campo medico, unite a una grande dose di umanità. La nuova città, dopo la bonifica, stava uscendo dal flagello della malaria, ma non era ancora del tutto sconfitta. Considerando poi l’arrivo in massa dei migranti dal nordest e dal resto d’Italia, i medici furono costretti a lavorare notte e giorno. Necessariamente si occuparono di tutte le problematiche dei pazienti, acquisendo molta esperienza in ogni campo medico. La nostra città, credo che la medicina l’abbia nel Dna, ereditata proprio da quei grandi medici. Oggi, nonostante i vari problemi di sanità, abbiamo il reparto cardiologico dell’ospedale Santa Maria Goretti tra i migliori d’Italia, ed è annoverato dalla prestigiosa rivista statunitense Newsweek. Quell’eredità l’ha ricevuta in dono anche Italo Tempera, il ricercatore di Latina di fama internazionale che da oltre vent’anni vive e lavora a Philadelphia.

“Biscotto” tra mito e leggenda cinquantaquattro anni dopo

“Biscotto” tra mito e leggenda cinquantaquattro anni dopo

Cinquantaquattro anni fa moriva il ragazzo più bello di Latina, Francesco Porzi, ma che tutti chiamavano Biscotto. Era l’alba del 31 agosto 1970, quando con la sua potente Alfa Romeo rossa amaranto, uscì fuori strada nella curva più insidiosa della Litoranea, all’altezza del bosco di Sabaudia. Il destino gli aveva negato l’esistenza, infrangendo tutti i suoi sogni. Un cippo, posto nel luogo in cui avvenne il terribile incidente, ancora lo ricorda. Da quel giorno Biscotto, il nostro James Dean, divenne leggenda. Leggendaria la sua vita, leggendarie le sue conquiste. Morì a soli ventitré anni: tutta Latina, e non solo, lo pianse. Il giro di Peppe, l’unico struscio della città, senza le sue mitiche passeggiate, non sarebbe stato più lo stesso. Dopo oltre mezzo secolo, il mito di Biscotto resta immutato, non curandosi del tempo che passa…

Diaphorà: dove la diversità fa rima con inclusività

Diaphorà: dove la diversità fa rima con inclusività

<> queste le parole di una senatrice in occasione del Gay pride organizzato a Latina nel 2017, dopo che un buontempone aveva scritto “W la figa”. In quella circostanza scrissi una lettera per raccontarle un po’ di storia della città. Quelle parole mi sono tornate in mente qualche settimana fa, quando sono andato alla Diaphorà: un’associazione che si occupa di ragazzi con varie disabilità, dove l’inclusione è il primo comandamento. Ecco, vi voglio raccontare di questa realtà incredibile che non conoscevo, anzi che conoscevo solo per sentito dire. Una realtà che brilla per inclusione, a dispetto di tutti quelli che non conoscono Latina e parlano senza sapere la nostra storia. Sono passati novant’anni, ma ancora paghiamo lo scotto della città nata sotto il fascismo.

Corrado Serra: l’Elettrauto Bolognese

Corrado Serra: l’Elettrauto Bolognese

Molti emiliani giunsero nell’Agro Pontino, quando furono terminati i lavori di bonifica in Emilia-Romagna, nella zona di Ferrara. Rimasti disoccupati, si spostarono in massa per lavorare in quella integrale delle paludi pontine. Erano operai agricoli, chiamati anche scariolanti, muniti solo di pala e carriola.  Il loro duro lavoro consisteva nel trasportare la terra nella zona paludosa, per alzare il livello del terreno. Quando l’Opera Nazionale Combattenti mise a disposizione le case poderali per le famiglie più numerose e disagiate del Nordest, arrivarono altri emiliani, insieme ai veneti e friulani. Con la nuova città di Littoria ci furono molte opportunità di lavoro: dagli anni Trenta, fino al secondo dopoguerra, fu l’unico luogo in Italia che lo permetteva. Il passaparola tra i vari compaesani fu determinante. Lo fu anche per l’emiliano Corrado Serra, uno dei primi elettrauto della città, arrivato subito dopo la liberazione.